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di Annarita Borrelli & Salvatore Cammilleri

/concept

Se considerassimo l’artista come un sacerdote di bellezza, allora sarebbero giunti i tempi che travalicano ogni trincea, per cui la bellezza stessa dovrebbe iniziare concretamente ad ispirarsi al principio del valore interiore. Respiriamo l’aria impura di un’epoca di distruzione e default mirato, volontario e manipolato, come il ritorno forte e chiaro di un antichissimo e ciclico stato di decadenza. Stermini , distruzioni, fallimenti, depressioni psicosociali ed economiche hanno segnato la storia degli ultimi 150 anni e, nonostante i permanenti e dilaganti meccanismi strumentalizzatori dei vecchi giochi del potere esercitato sulle masse gregarie, non solo dalla politica, ma anche dall’imponenza della religione occidentalmente o accidentalmente cattolica, se mai esistesse un profondo, reale e dilagante senso della mistica della violenza, sarebbe improbabile essere ricordati tra altri 150 anni per il nostro osannato misticismo. Anche l’idea che la vita spirituale proceda a passo lento, ma verso la vetta delle più eteree visioni e possibilità, come una boccata d’aria pura, sembrerebbe appartenere al pesante grappolo di utopie della modernità. In un’epoca in cui ogni artista o poeta o studioso si sente figlio di tempi vaghi, indefiniti, fin troppo volubili e in lotta contro l’inevitabile e naturale esigenza di progresso, la parola, il corpo e la rappresentazione di un autore, nella poetica dell’opera “L’Autrice”, non possono che rappresentare una delle poche possibilità di astrazione massima possibile alternativa, rispetto alla lealtà della propria autocoscienza. Come, in realtà, dinanzi ad un autore sarebbe opportuno ascoltare, attivando le intuizioni dell’anima rivolta al desiderio di diffondere significato, come uso nella pratica quotidiana del pensiero e dell’agire, allo stesso modo sarebbe necessario ascoltare “L’Autrice” che, sin dai suoi aspetti più profondi, si rivela come una visione non tanto lontana nello spazio, quanto piuttosto vicina al nocciolo dell’essere umano. “L’Autrice”, opera che si compone e decompone attraverso l’interazione di più mezzi espressivi, si rivela nella sua visione più astratta ed indefinita, come una trasparenza, un riflesso lontano, visionario ed onesto dell’occhio della mente, come dell’inconscio collettivo. Il complesso di opere si apre con una video art in cui “L’Autrice” compare avvolta da una luce intensa e casuale, nuda e cruda rispetto alla stessa presenza trascendente della figura stessa, iconograficamente riconducibile alla Madonna, in abiti contemporanei e provocanti, di certo molto meno delle sue crude e amare parole che accennano al senso occulto della poetica di Annarita Borrelli e Salvatore Cammilleri. Come poeta, Annarita Borrelli grida il suo dissenso e sceglie di non sussurrare così come si esprime nelle sue più calde e dolenti parole: “Ciò che ho sempre adorato della vita è la sua scomparsa, quel languore acido che preme ogni volta che credi di dover tornare a respirare e invece, sei già pronto a viaggiare come i fiocchi di neve che si sciolgono mentre stai decidendo a che gioco giocare.”
La rabbia è il suo sangue, il sangue che parla per tutti, urla per motivare all’azione, come il richiamo alla necessità di addestramento interiore e resilienza dell’anima dinanzi alla penosa consapevolezza d’aver ormai, forse da fin troppo tempo, perduto una qualsiasi vera fede, a partire dall’autostima, in ogni sua concezione più ampia, madre di tutte le svalutazioni e depressioni. L’immagine de “L’Autrice” è una verità assoluta, al di là di ogni dubbio materico, perché si mostra inaspettata, adirata, austera, sfocata e quindi impersonale. “L’Autrice” è “L’Autrice”. La bellezza del suo crudo messaggio, nasce dalla necessità interiore di ringhiare contro ogni arroganza e palpito per l’effimero desiderio della materia, a favore della consapevolezza delle fallaci dimensioni di presunte verità che ci accompagnano nelle abitudini. Abbiamo dimenticato quanto sia opportuno e vantaggioso l’operare etico in ogni contesto dell’esistenza, nonostante la meschina e dilagante consuetudine di confessarsi e di farsi consolare dall’idea di un Cristo che nessuno ha mai conosciuto. Ma questo è solo un caso. Ed allora le parole del “L’Autrice”, chissà … saranno come un tonfo al cuore, mentre ti senti pugnalato da quell’entità astratta che assapori come ogni inganno … e poi inizi a meditare sulla possibilità che non ci sia davvero mai stato nulla al mondo che abbia desiderato la bellezza o che sia diventato ancor più bello di un’anima pura e rinnovata. E’ un viaggio interiore, una costruzione nascosta, un numero che ti fa vedere ad occhi spalancati tutti i gradi di miopia. “L’Autrice” è un’anabasi contemporanea, l’urgenza di estrarre dalla propria memoria il senso spirituale e vate … mai fallibile o ingrato o disonesto o bugiardo o sleale … della volontà di essere e della vita interiore, punto saldo da cui ricominciare. E che non sia la consuetudine di un rito! … quanto piuttosto un buon disegno in cui non si può cambiare nulla, senza cooperazione tra ragione, conoscenza e visione spirituale. L’opera esordirà con questo shock visivo, di cui solo i profeti degli sguardi potranno raccontare le reali emozioni. Se l’arte diventa un’espressione di fede, allora non potranno che esistere anche i fedeli. In linea con questa visione concettuale, l’artista visivo Salvatore Cammilleri completa e concede senso, unione e linfa vitale all’opera stessa; egli realizzerà, infatti, un’edicola laica in adorazione della figura astratta del “L’Autrice”, materializzando, quindi, la rappresentazione della nuova fede, diffondendola attraverso dei cosiddetti “santini” con l’immagine de “L’Autrice” e che non conterranno altro che alcuni versi del poeta Annarita Borrelli. In questo incastro tra i due, l’opera urlerà la passione per le imperfezioni della forma a favore della sostanza spirituale. Annarita Borrelli e Salvatore Cammilleri, attraverso la rappresentazione emotiva e viva di quest’opera, propongono la diffusione ossessiva della video art nel corso del festival di arte contemporanea Estrazione/Astrazione … come un’interferenza che scuote, una cesura col passato per ricordarsi della morte e poi finalmente iniziare a vivere per quella che oggi potremmo chiamare l’utopia di una “vita ecologica” in un futuro che trema dinanzi ai nostri occhi. La proposizione distorta ed inaspettata della video art nel corso dei giorni seguenti alla prima proiezione ed allo stesso tempo, quindi, l’installazione dell’edicola laica e la distribuzione dei “santini” di poesie, sottolineeranno un’importanza fondamentale da attribuire alla figura dell’artista Salvatore Cammilleri in quanto “fedele”, assolutamente necessario al respiro dell’Autrice, il poeta, la poeies, la lealtà nell’arte, l’antica parola, il tesoro dei misteri, la nostra risposta. Gli artisti si intrecciano in un innovativo gioco di ruoli e propongono un’opera che travalica ogni aspetto formale a favore della crudezza di uno specchio amaro di incompiutezze visive e sonore, l’anima di tutti i nostri difetti che rimbombano, come sinceri e schietti contenuti. L’arte per l’arte non perde mai nulla, guarda solo al guadagno di un messaggio forte e chiaro in più, perché in questo siffatto mondo, non sarebbero mai abbastanza i messaggi d’urto per tornare alla vita anche ricordando la morte vivente. Necessaria è quella forma che sa parlare all’anima; l’arte interiormente necessaria, è una nuova fede, una spinta, un’onda urto tanto devastante e fastidiosa da sentirsi in ogni dove. Non dobbiamo temere il pericolo di affogare. L’Autrice, tuttavia, è un essere umano che, dolorosamente, si sacrifica … nelle emozioni vive, nei sorrisi, nella condivisione vissuta … e decide di gridare la sua vera bellezza nella poesia e nel pensiero, come nell’immaginazione a costo del rammarico di non poterla mai abbracciare. L’opera nasce dalla ricerca di un nuovo linguaggio dell’essere, quello che sprona a risvegliarsi dai caldi sogni delle illusioni dell’effimera vita, ricordando la morte come il rischio più cupo dell’esistenza in terra, l’inazione, l’invisibilità della volontà di potenza come atto puro del pensiero. L’Autrice, quindi, estrae dalla storia e dalle tradizioni del luogo in cui appare così crudamente e non nella sua completa e abbagliante luce umana e materiale, per colpa di un’urgenza di rinnovamento nei significati e nei linguaggi della cosiddetta contemporaneità. Parla la poesia come l’arte visiva. E’ un amalgama. Tutto sommato non esiste dovere nell’arte, che invece è una terapia … perché anche la sola intuizione del realismo può costituire uno strumento fondamentale della spiritualità. E così, senza aprioristici pensieri, finalmente liberi … senza pregiudizio o schema, l’astrazione dell’Autrice vive … slegata da qualsiasi apparenza e inganno. E’ una voce, un’iconografia riconoscibile e rinnovata nei suoi tratti fortemente pop … una sagoma di colori adornati da luci ed ombre imperfette ed indifferenti. In tutte le sue manifestazioni, l’Autrice è un’opera forse solo da vivere, anche attraverso il rispetto per l’unione intellettuale ed artistica tra i due autori che propongono l’ennesimo e assolutamente necessario tentativo di definire un senso, o meglio, un suono interiore di p
oesia e arte visiva.

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